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Editoriali

La metamorfosi di Cristante

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Cristante

Bryan Cristante è diventato uno dei punti cardine della Roma. Nel corso delle sue quattro stagioni in giallorosso è stato più volte chiamato al sacrificio, ergendosi, di fatto, a leader dello spogliatoio.

Il primo impatto

Bryan Cristante approda nella Capitale nel corso dell’estate 2018 dopo l’esaltante stagione disputata con l’Atalanta. I 12 gol messi a segno con i bergamaschi convincono la dirigenza romanista a sborsare 25 milioni di euro complessivi per strapparlo alla concorrenza.

Figlio della rivoluzione Monchi, Cristante eredita il numero 4 dell’ormai interista Nainggolan, non proprio uno qualunque dalle parti di Trigoria.

Il ragazzo cresciuto nel Milan arriva insieme a Schick, Nzonzi, Pastore, Kluivert, Defrel, Olsen, Santon, Zaniolo, tranne l’attuale 22, e Marcano, nomi che abbandoneranno la sponda giallorossa del Tevere nelle seguenti due stagioni.

Di Francesco, Ranieri e Fonseca

Il suo primo mister romanista è Eusebio Di Francesco, fresco semifinalista di Champions League rimasto orfano di buona parte della squadra che lo aveva portato al conseguimento di quel traguardo.

Il tecnico abruzzese lo adopera sulla trequarti di campo per dare continuità al lavoro svolto da Gasperini nelle precedenti stagioni. Cristante, infatti, impiega solamente quattro giornate per trovare il suo primo gol romanista, rete che sblocca la partita contro il Chievo che poi rimonterà il doppio svantaggio.

A questo ne seguiranno altri tre che, sfortunatamente, non contribuiscono ad evitare l’esonero dell’ex tecnico del Sassuolo, sostituito da un romanista doc come Claudio Ranieri.

Sotto la guida dell’eroe di Leicester il nuovo numero 4 romanista viene arretrato in mediana e talvolta utilizzato come vertice basso del centrocampo a tre. L’impatto con il nuovo ruolo non è ottimale, tant’è che i tifosi, scottati da una stagione deludente, iniziano a far piovere critiche pesanti sul suo conto.

Termina la sua prima stagione romanista con 4 gol e 3 assist complessivi, tutti figli della parentesi da trequartista o incursore.

L’avvento dell’estate 2019 coincide con un’altra rivoluzione: Monchi viene esiliato e sostituito da Petrachi, mentre in panchina si siede un giovane profilo dalle belle speranze, Paulo Fonseca.

Il mister portoghese riporta in auge il 4-2-3-1, ma la posizione di Cristante rimane la stessa occupata nell’ultimo scorcio di stagione precedente. Lui e Diawara, fedele alternativa di Veretout, occupano la mediana con il compito di armonizzare la manovra in fase di possesso e tamponare in fase di non possesso.

L’infortunio agli adduttori che lo tiene fuori per quasi due mesi lo fa arretrare nelle gerarchie e Fonseca lo utilizza solamente come rincalzo.

La terza stagione romanista porta in dote una sostanziale novità: la difesa a tre. Il mister portoghese decide di importarla anche nel nuovo anno dopo il repentino cambio di rotta nell’ultima parte di campionato.

Cristante riconquista la maglia da titolare a discapito di Diawara. Con Veretout al suo fianco, Bryan occupa per la prima volta la posizione di regista. Da rincalzo a collante della squadra.

La parentesi da metronomo ha, però, vita breve. I numerosi infortuni di Smalling, infatti, convincono Fonseca ad arretrare il suo numero quattro a centrale del reparto a tre. L’ennesimo cambio di ruolo che implica un grande spirito di adattamento.

L’avvento di Mourinho

Da un portoghese ad un altro. Da Fonseca a Mourinho. Lo Special One riconosce immediatamente la validità dell’uomo e del calciatore e lo elegge leader dello spogliatoio insieme a Pellegrini e Mancini.

Anche sul campo Cristante torna a vestire i panni del regista, abbandonando definitivamente la parte da difensore centrale.

Il traguardo

Il traguardo raggiunto da Bryan Cristante non è sicuramente scontato. Aver indossato più volte la fascia da capitano romanista e godere della più totale fiducia di Mourinho non è cosa da poco.

A tal proposito risulta profetica l’investitura di De Rossi risalente a qualche tempo fa: “C’è un Bryan Cristante che arriva da Bergamo, io ne voglio altri cento di giocatori così. Perché anche se non è nato a Roma ci mette l’anima, da romanista. Non è solo una questione di essere nati nella Capitale”.